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Il docente emerito della San Diego State University alla Mediterranea

Nel piacevole clima favorito da una gassosa al caffè, ho intervistato il prof. Nico Calavita, professore emerito alla San Diego State University. È a Reggio per una serie di lezioni del dottorato internazionale in Urban Regeneration and Economic Development.

Il suo cognome tradisce le origini italiane, cosa lo ha portato alla San Diego State University?
Sono andato negli Stati Uniti nel 1970 dopo la laurea in Architettura e Urbanistica all’università di Firenze e dopo aver sposato un’americana. Avevo bisogno di lavorare subito e dopo aver cercato lavoro in Italia ho pensato che fosse più facile trovarlo in America. Ho lavorato per 10 anni come urbanista in una Contea del Delaware e ho cominciato a insegnare part-time. Quando ho deciso di insegnare full-time ho saputo da un amico che c’era un posto alla San Diego State University. Mi sono presentato e lo stesso giorno mi hanno offerto l’insegnamento.


Cosa pensa dell’iniziativa che ha portato alla realizzazione del dottorato internazionale Urban Regeneration and Economic Development?
E’ un’iniziativa molto molto interessante, creativa e inusuale, quella di portare docenti stranieri, americani ed europei, in una unità globale. Nella mia Università è già da una decina di anni che tutto ha a che fare con l’internazionalizzazione. Si attuano programmi che portano gli studenti all’estero in diverse città mondiali, così come programmi di stretta collaborazione con Paesi che stanno a sud della California, come il Messico. La parola d’ordine è internazionalizzare. Ci rendiamo tutti conto che bisogna lavorare in una maniera globale.

Quindi, questa è un’iniziativa fantastica, mettere a confronto i ragazzi, le conoscenze, i modi di pensare, di studiare, di fare ricerca nelle diverse università con queste maniere nuove, culturali in un certo senso. Fare ricerca e interpretare questa ricerca per poi agire sul territorio. E nel caso di questo corso stiamo parlando di rigenerazione e sviluppo economico che acquista nuovo valore in un contesto in cui, almeno negli Stati Uniti, si cerca di portare lo sviluppo all’interno delle città, invece dell’espansione al di fuori delle stesse. Nel contesto italiano mi sembra che in città come Reggio Calabria, come anche in altre città, non ci sia molta crescita, quindi bisogna cercare di valorizzare quello che già esiste e farlo nel miglior modo possibile acquisendo ciò che stanno facendo altri Paesi e gli strumenti di ricerca appropriati.

Quali ricadute avrà sul territorio questa iniziativa?
Spero che in due o tre anni ci siano ragazzi consci dell’importanza dello sviluppo economico e che partendo da un prodotto locale, ne valutino le potenzialità e provino ad esportarlo creando delle coalizioni di produttori, come un consorzio o qualcosa del genere.
Da un lato vogliamo parlare di globalità e come inserirsi all’interno delle ramificazioni globali di prodotti e dall’altro lato stiamo anche enfatizzando il locale. Esaminiamo il trend che muove i gruppi capitalistici ed economici e cerchiamo di mantenere quelle che sono le caratteristiche locali di un particolare posto. Bisogna trovare il modo di sfruttare i prodotti, i modi di pensare e i modi di produrre all’interno della città stessa.
Spero che questo possa portare a certi meccanismi di condizione e di agire che generino lo sviluppo della Regione Calabria e in modo particolare della città di Reggio Calabria.


Il professor Calavita continua a sollevare il bicchiere con la gassosa al caffè: "Come si fa a non pensare di commercializzare a livello internazionale un prodotto come questo". Non ho una risposta.

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